L’oro non è tutto uguale. Affermazione che potrebbe suonare scontata, visto che basta entrare in una gioielleria per vedersi presentare un’infinità di prodotti tutti in oro ma dalle diverse caratteristiche: dall’oro rosa, al tradizionale oro giallo, per esempio, già solo il colore è una variabile che offre una grosso ventaglio di opportunità diverse. Per non parlare dell’oro usato per la costruzione di componenti tecnologiche o di quello utile in ambito odontoiatrico.
Qui, però, non si vuole parlare delle diverse caratteristiche fisiche dei tipi di oro reperibili sul mercato, ma di un altro tipo di oro che si differenzia per il modo in cui viene ricavato.
Ci stiamo riferendo al cosiddetto oro etico, la cui particolarità sta proprio nelle tecniche estrattive e nel tipo di lavorazione che subisce prima di arrivare al consumatore finale sotto forma di prodotti che, solo a questo punto, sono esattamente come quelli derivanti da lavorazioni “tradizionali”.
Quello dell’oro etico è un discorso relativamente recente, iniziato a farsi sentire con forza all’inizio degli anni Duemila e cresciuto grazie ad una maggiore attenzione verso gli argomenti legati alla sostenibilità, non solo nei confronti dell’ambiente, ma anche del versante sociale.
Per poter essere considerato oro etico, il prezioso metallo deve rispettare precise caratteristiche durante il processo di estrazione e di lavorazione: per prima cosa, non devono essere usati agenti chimici o esplosivi in fase di estrazione. La provenienza del metallo, inoltre, deve essere da giacimenti che siano gestiti nella totale collaborazione con le popolazioni che abitano sul territorio stesso, che devono essere coinvolte in prima persona nel lavoro. Stessa attenzione deve essere rivolta anche all’ambiente circostante, nel quale il giacimento e tutte le attività ad esso legate si devono inserire in maniera armonica e poco invasiva. In fase di lavorazione, poi, non devono intervenire elementi nocivi per l’ambiente: sono vietati, quindi, il Mercurio e il Cianuro, due delle sostanze abitualmente utilizzate per separare l’oro dai materiali di scarto a cui esso può essere legato.
Alla luce di quanto detto, si può facilmente comprendere come la grande maggioranza dell’oro etico derivi da depositi alluvionali, ossi i giacimenti sorti lungo i corsi d’acqua. Qui, generalmente, l’oro che si presenta in forma di pepite o di polvere aurifera, ha una purezza che si aggira intorno al 90%, rendendo meno massiccio, quindi, il lavoro di purificazione dell’oro e di separazione da elementi terzi.
Detto dell’ambiente, è doveroso sottolineare come questo non sia assolutamente l’unico aspetto che è tenuto in primaria considerazione dall’oro etico. Fondamentale, infatti, è anche il risvolto sociale di tutta la catena produttiva. In primis, la lavorazione dell’oro deve avvenire nel totale rispetto delle persone che sono coinvolte nelle opere di estrazione e lavorazione. Devono essere rispettate tutte le norme di sicurezza (molto spesso, purtroppo, decisamente trascurate) e deve essere rifiutato in qualsiasi forma il lavoro minorile.
Tutte queste osservazioni assumono ancora maggiore rilevanza considerando che la gran parte delle miniere d’oro è collocata in Paesi poveri, dove la necessità di un lavoro può portare le persone a sottostare a situazioni che vanno a discapito della loro salute e sicurezza. Le organizzazioni internazionali, da parte loro, hanno più volte sollevato il problema, portando alla luce dell’opinione pubblica le terribili condizioni di lavoro e di sfruttamento a cui vengono spesso costretti i lavoranti dei maggiori Paesi produttori di oro.
Sicuramente conta la mancanza di una cultura del lavoro adeguata, ma, da parte di chi le miniere le sfrutta, c’è anche la mancanza di volontà di costruire strutture adeguate per il lavoro delle popolazioni locali e l’assenza di assistenza medica.
Tutti aspetti che, per fortuna, sono sempre più sotto la lente di ingrandimento dell’opinione pubblica, ormai molto sensibili e pronta a fare la propria parte per cercare di cambiare le cose.
Non è un caso che sia sorta da poco anche una specifica organizzazione, che prende il nome di Fairtrade International, il cui compito è proprio quello di controllare la filiera dell’oro e certificare la sua provenienza “etica”.
L’Italia è stata tra i primi Paesi ad avere delle aziende che hanno spinto il discorso dell’oro etico e lo hanno proposto sul mercato, ma nell’arco di non molti anni, altre realtà in tutto il mondo si sono allineate a questo atteggiamento, con la conseguenza di un sensibile aumento dell’oro etico immesso sul mercato.
Certo, è giusto sottolineare come l’oro di provenienza “green” abbia costi di produzione e di lavorazione più alti, ma il “risparmio” che esso genera è di altra natura, cercando di evitare, o per lo meno diminuire, tutti quegli enormi disastri ambientali e sociali che la corsa inarrestabile del progresso ha troppo spesso creato.
Ma l’oro etico non è l’unica via per non rinunciare a regalare o regalarsi un oggetto in oro senza rischiare di fare male all’ambiente. Una strada alternativa percorribile è quella di rivendere i propri oggetti in oro, che magari non si usano più, e comprarne degli altri di oro rigenerato, ovvero ricavato dalla fusione di oro usato. Il risultato è lo stesso che si avrebbe comprando un gioiello nuovo, si rispetta l’ambiente e si può anche risparmiare qualcosa.
Il maggiore risparmio, però, arriva da una ulteriore possibilità: quella di far fondere i propri vecchi oggetti in oro (meglio ancora se rottami inutilizzabili che, però, hanno delle parti in oro da recuperare) e, con il metallo ricavato, far creare dei nuovi gioielli, per procedere con questa operazione basterà recarsi presso un negozio compro oro di fiducia e farsi fare una valutazione gratuita.