I compro oro sono punti vendita che, come si deduce dal nome, si sono specializzati nell’acquisto da privati di oro vecchio e altri metalli preziosi (ad esempio platino e argento) sotto forma di gioielli, monete, lingotti, orologi e altri oggetti vari. Bisogna comunque tenere a mente che solo alcuni esercizi commerciali acquistano pietre preziose e non tutti accettano monili con gemme incastonate. In genere questi gioielli sono acquistati solo in negozio si riesce a separare abbastanza agevolmente la pietra dal metallo.
Vi sono però alcuni esercizi commerciali, solitamente quelli presenti da maggior tempo sul mercato o diffusi in maniera più capillare sul territorio, che offrono alla clientela servizio di acquisto di monili in oro, argento e platino con incastonate delle pietre. Un professionista del settore valuta ogni singolo pezzo in modo da dare un prezzo alla pietra: infatti i gioielli in metallo prezioso vengono pesati escludendo le gemme. Si tratta di un’offerta senza impegno e assolutamente gratuita; per evitare truffe bisogna richiedere che l’esame sia trasparente e sia svolto davanti ai propri occhi.
Perchè il compro oro accetti le pietre, è necessario che queste siano di pregio: per quanto riguarda i diamanti, la valutazione tiene conto della caratura, della purezza, del colore e del taglio. Maggiori sono la purezza e il peso dei diamanti e più il loro valore è rilevante; si preferisce il taglio brillante e un colore eccezionalmente bianco. Altre pietre preziose pregiate sono il rubino, l’acquamarina, il topazio, l’ametista, lo smeraldo, l’opale e lo zaffiro: la valutazione viene fatta in base al peso e, quindi, alle dimensioni. Bisogna tenere a mente che un’unica pietra vale di più di tante di piccole per un peso totale corrispondente. Anche le perle coltivate sono ben valutate perchè molto rare, tuttavia in questo caso si tiene conto di vari fattori, come la qualità, la lucentezza, il colore, le dimensioni e la forma. Tuttavia, è necessario che le pietre abbiano la certificazione originaria: in questo modo si attesta immediatamente il loro valore effettivo.
Quando dal gioiello si possono togliere le pietre, la valutazione è molto più semplice: il metallo è pesato a parte e la gemma viene considerata in base alla caratura. In questo modo la vendita risulta molto conveniente e si ottiene sempre il prezzo più alto. Se il gioiello deve essere invece valutato con la pietra, la valutazione è più bassa perchè viene fatta con un po’ di approssimazione.
Le procedure di vendita cambiano in base al fatto se sia una ditta oppure un privato a consegnare al compro oro gioielli con pietre preziose varie incastonate. In quest’ultimo caso è sufficiente utilizzare il Libro della Questura per registrare l’atto di compravendita, gli importi corrisposti, i monili in questione e i dati dei soggetti coinvolti. Invece, nel caso di una ditta, si impiega un DDT ed è anche possibile il ritiro dell’oro puro ottenuto dalla fusione corredato dalla valutazione della sua purezza. Ciò non vale per i privati perchè, secondo quanto previsto dalla legge, possono soltanto vendere metallo prezioso usato.
Al tempo stesso occorre valutare bene la destinazione e il valore delle pietre incastonate: se hanno un certo valore, risulta conveniente dal punto di vista economico recuperarle prima della fusione. In genere i compro oro ne effettuano il distacco dall’oggetto in oro prima di consegnarlo alla struttura dove avviene la fusione. In caso contrario vengono definite di poco conto e quindi sono inserite tra gli scarti della fusione. Infatti il procedimento di fusione è fondamentale per trasformare l’oro vecchio e i gioielli usati in metallo puro: il recupero ne consente una nuova commercializzazione. Quindi i rottami e i monili assumono forma liquida, così da poter raffinare il metallo e poterlo di nuovo utilizzare per creare oggetti dalle forme più svariate, dai lingotti alle monete, dai gioielli agli orologi. Le procedure sono diverse a seconda dei casi.
Una volta tolte le pietre dal gioiello si può effettuare la fusione dei monili: questa operazione, però, può essere svolta soltanto da un banco metalli. Si tratta di un operatore certificato, che in genere è convenzionato con un certo numero di compro oro dai quali acquista i metalli da fondere. La fusione avviene in forni che superano una temperatura di 1000°C (il punto di fusione si raggiunge a 1064°C). I gioielli senza pietre, l’oro classificato come rottame metallico, gli orologi e tutti gli oggetti preziosi vengono inseriti nel crogiolo; successivamente qui si aggiunge una quantità minima di salnitro e borace in modo da facilitare il processo. In particolare la borace diluisce i metalli preziosi e impedisce che si ossidino; al contrario, il salnitro rende il metallo fuso più liquido. Per questo viene aggiunto quando il processo è quasi terminato.
La fusione deve essere effettuata da personale esperto perchè la densità del metallo fuso sia perfettamente omogenea. Anche l’aggiunta di borace e salnitro nel crogiolo viene effettuata in base all’esperienza. Ad esempio si può aggiungere il 10% di salnitro e il 10% di borace, tuttavia ogni operatore del settore ha un modo proprio di effettuare la fusione, che dipende da come l’ha imparata e dalla sua personale elaborazione nel corso del tempo.
Quando si raggiunge il punto di fusione, si toglie il crogiolo dal forno per colare il materiale incandescente in appositi contenitori di grafite oppure ghisa, che sopportano altissime temperature senza problemi. Si tratta delle staffe, il cui interno viene leggermente cosparso di olio di lino: in questo modo il metallo prezioso fuso si distacca più facilmente. Bisogna tenere a mente che la colatura dell’oro fuso va effettuata in tempi molto rapidi: in caso contrario il metallo si stratifica e quando si solidifica assume una composizione non omogenea. La velocità di questa fase consente invece di avere un elemento con la stessa densità in ogni sua parte.
Inoltre durante il processo si perdono i metalli che sono stati aggiunti alla lega: infatti i gioielli sono in oro 18 carati e quindi 25 parti su 100 sono in argento, rame, platino oppure cobalto. In questo modo il metallo è più resistente, si lavora meglio e può assumere una colorazione particolare. In genere raffinare l’oro significa anche fargli perdere peso e quindi il risultato finale è meno consistente della quantità di metallo messa nel crogiolo. Si ottiene alla fine una verga oppure un lingotto in oro 24 carati, cioè puro. Tuttavia, per certificarne la purezza e determinarne il titolo, è necessario procedere a un’ulteriore fase, chiamata saggiatura. Si tratta di un’operazione che tutela sia il venditore che il futuro acquirente, commercianti del settore dell’oro oppure investitori in questo bene rifugio. Vi sono operatori professionali che consentono agli acquirenti di assistere all’intera procedura, dalla fusione alla consegna dell’oro, passando per la saggiatura. Di conseguenza l’operazione è del tutto trasparente e la valutazione del metallo avviene sotto i loro occhi. Infine si immerge il lingotto oppure la verga in un recipiente pieno di acido solforico: si tratta di una sostanza che serve per rendere lucido e brillante il metallo. Infatti l’oro è inattaccabile agli acidi, che però sciolgono ed eliminano definitivamente gli scarti finali. Anche la fase di saggiatura prevede l’uso degli acidi per determinare il grado di purezza di un gioiello o di un oggetto in oro. Infine si lava il lingotto e lo si immette sul mercato.
A questo punto l’oro ottenuto può essere commercializzato come oro da investimento sotto forma di lingotti oppure impiegato per realizzare nuovi gioielli in laboratori orafi o nei settori creativi dei grandi brand del settore. In alternativa l’oro può essere usato per realizzare monete preziose. Bisogna tenere a mente che la fusione del metallo è a cera persa (cioè l’oro viene colato in una forma) oppure serve per creare verghe o elementi di un certo peso che successivamente sono lavorati in lamine, grani e fili: dalla loro elaborazione in forme diverse si realizzano i gioielli.
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